Analisi olfattometriche: storia, metodi e strumenti per il controllo degli odori
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Un antefatto storico e curioso:
Qualche anno fa, il fondatore del gruppo di aziende della quale Paneco Ambiente è parte raccontava un suo personale aneddoto a proposito del mondo degli odori.
Al mattino presto, seguendo il profumo di pane fresco, appena sfornato, entrò presso un panificio, con annesso punto vendita. Il profumo permeava tutto l’ambiente, “sembrava davvero di essere immersi in un mondo di pane”, raccontava.
Il profumo permeava ovunque, dal forno alle pareti, in tutto il locale, con un’intensità tale da diventare quasi palpabile, materiale. Da qui, osservando i muri, l’intuizione di provare a campionare l’invisibile biofilm che doveva per forza essersi creato col passare del tempo sulle pareti.
L’intuizione era corretta, quella leggera patina sulle pareti, una volta analizzata, conteneva effettivamente chimicamente “pane” e da qui nasce il concetto della “profilassi dell’odore del panettiere”. La stessa cosa succede quando si va dal macellaio, dal dentista, in farmacia, in biblioteca ec…
Introduzione
Gli odori sono infatti parte integrante dell’aria che respiriamo e della nostra interazione quotidiana con l’ambiente, dalle fragranze dei cibi che cuociono, dei prodotti alimentari, fino alle emissioni odorigene delle industrie. Tutto ciò che concerne il mondo degli odori e profumi a prescindere che siano spiacevoli o piacevoli influisce sul nostro umore ed in generale sulla qualità della vita di noi cittadini. Di conseguenza, il monitoraggio olfattivo riveste un’importanza cruciale: consente di tutelare la qualità dell’aria, rispondere a normative nazionali e comunitarie sempre più stringenti ed ottimizzare le emissioni dei processi produttivi che altrimenti resterebbero troppo discrezionali. Le analisi olfattometriche nascono proprio per portare oggettività a un senso notoriamente soggettivo: si basa infatti su protocolli standardizzati e può integrare l’acutezza del naso umano con la sensibilità di strumenti avanzati.
In questo articolo esploreremo l’evoluzione storica della disciplina, il contesto normativo in Europa e in Italia, le basi fisiologiche della percezione olfattiva, le metodologie ufficiali e strumentali, fino a protocolli di campionamento, analisi dei dati e applicazioni pratiche.
Cenni storici sull’analisi degli odori
La storia dell’olfattometria è lunga quanto il desiderio umano di comprendere il mondo invisibile degli aromi e dei miasmi.
Già nell’antichità filosofi come Aristotele e Galeno collegavano odori a stati di salute e a processi naturali: nel loro modello i “miasmi” erano responsabili di malattie, e analizzarli significava tentare di prevenire epidemie. Tuttavia, fino al XVIII–XIX secolo il metodo rimaneva prevalentemente empirico e legato a descrizioni qualitative.
Il vero salto quantitativo avvenne con il fisiologo olandese Martinus Zwaardemaker, che alla fine del XIX secolo realizzò uno dei primi “olfattometri”: semplici camere in cui aria odorosa veniva diluita con aria pura per capire a che concentrazione un dato stimolo diventasse percepibile. Questo approccio aprì la strada ai primi tentativi di sistemare le molecole volatili in base al loro profilo aromatico, anticipando di decenni tecniche di separazione chimica.
Nel corso del XX secolo, soprattutto a partire dagli anni ’70, si diffusero i metodi di diluizione dinamica: grazie a sistemi di flussometri e matrici di valvole, è diventato possibile miscelare con precisione aria “sporca” e aria “pulita”. L’olfattometria dinamica, oggi standardizzata nella norma EN 13725, permise di definire in modo riproducibile la “soglia di percezione” umana, espressa in unità odorimetriche (ou/m³).
Parallelamente, la tecnologia spinse verso l’integrazione tra analisi sensoriale umana e strumentazioni chimiche: la gascromatografia‑olfattometria (GC‑O) e i primi nasi elettronici comparvero negli anni ’90, consentendo di associare un picco cromatografico all’esperienza sensoriale di un panel di sniffing. Da allora, la disciplina ha continuato a evolversi, fino a diventare oggi un connubio di scienze ambientali, biologia sensoriale e ingegneria dei sensori.
Quadro normativo e riferimenti legislativi
A livello europeo, la norma di riferimento resta la EN 13725:2003, che definisce il metodo della “diluizione dinamica con panel umano” per misurare la concentrazione odorosa e ne stabilisce i criteri di selezione e validazione dei valutatori. La Direttiva 2008/50/CE sulla qualità dell’aria invita invece gli Stati membri a considerare gli odori molesti come parametro di tutela del benessere e della salute pubblica.
Inoltre, il Green Deal Europeo, presentato dalla Commissione nel dicembre 2019, sancisce l’obiettivo di “aria pulita” entro il 2030 e include politiche trasversali per ridurre tutte le forme di inquinamento atmosferico, odorigene comprese. In particolare, il piano “Fit for 55” e la revisione della Direttiva Aria Pulita favoriscono l’introduzione di limiti più stringenti anche per odori molesti e stimolano l’adozione di tecnologie di monitoraggio avanzate come l’olfattometria.
In Italia, il quadro è articolato in più livelli:
- D.Lgs. 152/2006 (Testo Unico Ambientale), art. 272, che impone alle attività a rischio (compostaggio, discariche, depuratori) l’analisi preventiva dell’impatto odorigeno, con procedure e intervalli di misura codificati.
- D.Lgs. 183/2017 del 15 novembre 2017, che aggiorna il T.U.A. introducendo l’art. 272‑bis, dedicato specificamente alla “misurazione e gestione delle emissioni odorifere” e definendo i requisiti dei laboratori e l’obbligo di trasmissione dei risultati agli enti di controllo.
- D.M. 28/06/2023 (Ministero della Transizione Ecologica), che integra operativamente la norma EN 13725 con soglie di riferimento per insediamenti industriali a maggior rischio odorigeno e aggiorna i protocolli di calibrazione degli olfattometri dinamici.
Completano il quadro le linee guida regionali (Lombardia, Emilia‑Romagna, Veneto, ecc.), che dettagliano protocolli operativi (distanze di monitoraggio, condizioni ambientali) e le Autorizzazioni Integrate Ambientali (AIA), che spesso prescrivono analisi olfattometriche periodiche come condizione per il mantenimento dell’autorizzazione. Infine, la giurisprudenza italiana ha più volte ribadito il diritto dei soggetti esposti a molestie olfattive al risarcimento del danno ambientale.
Principi fisiologici della percezione olfattiva
La base di ogni analisi olfattometrica è il funzionamento del nostro apparato olfattivo. Le molecole volatili, una volta inalate, si dissolvono nel muco presente nella cavità nasale e si legano a specifici recettori sulla membrana olfattiva. Questo legame innesca segnali elettrici che viaggiano fino al bulbo olfattivo e, infine, alle aree corticali responsabili dell’identificazione e della memoria degli odori.
Tre parametri sono fondamentali:
- Soglia di percezione: la concentrazione minima alla quale un odorante diventa percepibile dal 50 % dei valutatori addestrati.
- Intensità: la forza soggettiva con cui un panel giudica l’odore, che può variare non solo in base alla concentrazione, ma anche al contesto e all’esperienza individuale.
- Qualificazione sensoriale: la descrizione qualitativa dell’odore (es. “fruttato”, “terroso”, “solforoso”), utile per comprendere la natura chimica delle emissioni.
Un ulteriore aspetto critico è l’adattamento olfattivo: dopo un’esposizione prolungata, i recettori perdono temporaneamente sensibilità. Per questo motivo, nei protocolli EN 13725 sono previste pause tra le sessioni di sniffing e limiti sul numero di stimoli valutati in sequenza.

Metodi analitici
Olfattometria dinamica con panel umano
Questo è il cuore dell’approccio previsto da EN 13725. L’aria campionata viene convogliata in un olfattometro dinamico, dove sistemi di valvole e flussometri ne dosano la concentrazione con aria priva di odori. Il panel, composto da almeno 4 valutatori validati, indica per ciascuna serie di diluizioni il punto in cui percepisce l’odore. Calcolando la mediana delle soglie, si ottiene la concentrazione odorosa in unità (ou/m³).
Vantaggi: risultati coerenti con la percezione umana “reale” e riconosciuti legalmente.
Limiti: costi elevati per il reclutamento e il mantenimento del panel, tempi di analisi più lunghi.
Gascromatografia‑olfattometria (GC‑O)
Un’evoluzione strumentale che permette di accoppiare la separazione chimica dei composti volatili con un punto di sniffing umano. L’effluente della colonna va sia al rilevatore chimico (FID o MS) sia al “sniffing port”, dove l’operatore annota tempo di ritenzione e descrizione sensoriale di ogni picco. Questo approccio è prezioso per individuare i “composti odorigeni chiave” in matrici complesse, come i profili aromatici di vini o formaggi.
Nasi elettronici (e‑nose)
Basati su un array di sensori chimici (metalli ossidi, elettrochimici, piezoelettrici) e supportati da modelli di pattern recognition, gli e‑nose offrono un monitoraggio quasi in tempo reale. Dopo un training iniziale su campioni noti, possono riconoscere e classificare profili odorosi con rapidità. Oggi sono sempre più usati per:
- Monitoraggi continui in impianti di depurazione o compostaggio.
- Verifica rapida in produzioni alimentari o cosmetiche.
Tuttavia, richiedono calibrazioni frequenti per compensare il drift dei sensori e mantengono una sensibilità generalmente inferiore a quella umana per sostanze a concentrazioni molto basse.
Strumentazione e protocolli sperimentali
Un’analisi affidabile parte da un corretto campionamento: si utilizzano sacche Nalophan® o Tedlar®, che raccolgono l’aria odorosa in modalità passiva o a vuoto. Entro 30 min dal campionamento, la sacca deve arrivare in laboratorio mantenendo temperature intorno a 20 °C, per evitare alterazioni dei composti volatili.
L’olfattometro dinamico è dotato di un sistema di diluizione che può variare da 1:2 fino a 1:10.000, garantendo la copertura delle concentrazioni più comuni. Per la gascromatografia‑olfattometria, invece, è cruciale selezionare fasi stazionarie adatte al target e tarare colonne e rivelatori con standard di riferimento (ad esempio alchil acetati o alcohol benzilico).
Ogni strumento viene sottoposto a protocolli di calibrazione (usando standard certificati) e validazione (verifica di ripetibilità e riproducibilità tra operatori diversi). L’incertezza di misura viene stimata tramite test statistici, garantendo risultati tracciabili e riconosciuti da enti di certificazione e autorità competenti.
Trattamento dati e analisi statistica
Dopo la fase analitica, i dati olfattometrici grezzi (serie di soglie di percezione per ciascun valutatore o profili di risposta strumentale) vengono elaborati per estrarre indicatori utili alle decisioni:
- Concentrazione odorosa (ou/m³): calcolata come mediana delle soglie del panel.
- Statistica descrittiva: media, deviazione standard e range, per valutare la variabilità interna al panel.
- Confronto di campagne: test ANOVA (o non parametrici se i dati non sono distribuiti normalmente) per verificare differenze tra punti di misura o momenti temporali.
- Analisi multivariata (PCA): permette di individuare correlazioni tra composti (GC‑O) o pattern di risposta (e‑nose), visualizzando cluster di comportamenti odorosi.
Negli e‑nose, a valle del preprocessing, entrano in gioco algoritmi di machine learning (ad esempio LDA o SVM) per classificare i campioni e stimare concentrazioni odorose senza intervento umano.
Applicazioni pratiche
L’olfattometria trova impiego in numerosi settori:
- Gestione ambientale e rifiuti: impianti di compostaggio e discariche utilizzano monitoraggi periodici per mantenersi conformi alle AIA.
- Depurazione delle acque: misure in corrispondenza di emissioni convogliate e diffuse consentono di ottimizzare biofiltri e scrubber.
- Alimenti e bevande: nel controllo qualità di formaggi, vini e caffè, GC‑O aiuta a identificare i pochissimi composti chiave che determinano il profilo aromatico. Un esempio concreto: un produttore di formaggi industriali ha integrato analisi GC O e panel test per ridurre del 20 % la presenza di composti sgradevoli, migliorando la percezione di freschezza e riducendo i resi in vendita.
- Cosmetica e profumeria: stabilità delle fragranze, shelf‑life e test di accettabilità da parte dei consumatori.
Sfide e prospettive future
Nonostante gli strumenti odierni siano sofisticati, permangono sfide importanti. La standardizzazione tra laboratori rimane un punto critico, soprattutto nelle attività con personale e attrezzature differenti. Gli e-nose devono ancora superare il problema del drift e dell’invecchiamento dei sensori per poter sostituire del tutto l’olfattometria umana.
Guardando avanti, le ricerche più promettenti riguardano:
- Sensori nanostrutturati e bio-sensori ispirati alla biologia del recettore umano.
- Integrazione IoT per monitoraggi 24/7 in campo aperto, con alert automatici in caso di superamento di soglie.
- Data fusion tra panel, GC‑O ed e‑nose, affidandosi a modelli predittivi basati su intelligenza artificiale per offrire report sempre più precisi e tempestivi.
Parallelamente, il quadro legislativo è destinato ad evolvere verso limiti quantitativi e non solo qualitativi, per le emissioni odorose, spingendo le aziende a dotarsi di strumenti più automatici e a definire procedure di controllo in continua espansione.
Conclusioni
Le analisi olfattometriche rappresentano oggi un pilastro imprescindibile per la gestione responsabile delle emissioni odorigene. Fondate su un approccio ibrido che coniuga sensibilità umana e precisione strumentale, trovano applicazione in ambito ambientale, industriale e di prodotto. Con un panorama normativo in costante aggiornamento, investire in dispositivi di monitoraggio avanzati e in protocolli rigorosi non significa solo rispettare le leggi, ma anche migliorare la qualità dei processi, aumentare la soddisfazione del cliente e prevenire controversie legali.